1.Impressioni di Buenos Aires

Queste sono le mail che ho scritto ai miei amici durante il viaggio. Ce n'e' pure una, l'ultima, che non ho spedito, perche' per un grave problema il mio viaggio si e' interrotto bruscamente a Cordoba (per questo, non per follia, in 3 mesi non ho visto Iguacu').
Come al solito queste mail contengono anche cose poco interessanti per chi cerca semplicemente info di viaggio. In "Info Pratiche" ci sono informazioni sul viaggiare e nella sezione "Accomodations" gli alberghi e ristoranti dove sono stato.

5. Poco Cile, Torres del Paine, ghiacciai

PUNTA ARENAS
18.03.08

Sto a Punta Arenas esclusivamente per ragioni letterarie.
La voglia di venire in Patagonia me l' ha data certamente il libro di Chatwin ma anche i racconti di Sepulveda e Coloane.
Non mi sono chiesto cosa ci fosse da fare o da vedere.
Punta Arenas e' uno di quei posti di cui si dice: dovevo andarci.
Arrivo col sole ma oggi piove senza fermarsi un attimo.
Tutto sommato non mi dispiace essere qua e c'e' una bella piazza, begli edifici storici, e trovo belle anche le case larghe e colorate, in legno, che sembrano essere caratteristiche della Patagonia e della Terra del Fuoco.
Il Cile come previsto e' piu' ricco e piu' caro dell'Argentina, ma molto meno di quanto mi aspettassi, basti pensare che dormo con 17 euro.
Anche in Cile, come in Argentina, gli scolari indossano divise scolastiche.
I maschi tutti sosia degli attori dell' "Attimo Fuggente", moltissime ragazzine invece, come gia' vidi per la prima volta a Bariloche il giorno della riapertura delle scuole, indossano minigonne
(cosa forse crudele con questo vento gelido) blu o a scacchi.
A Bariloche, quando le vidi per la prima volta e prima di capire cosa stava succedendo, mi sembrava di essere stato catapultato in un manga porno.
A Punta Arenas c'e' una magnifica bettola, alla fine della strada principale, in cui bevo birre a buon mercato nella semioscurita'.
Mi piacciono i bar alla moda, con le luci perfette, le cameriere modelle e il wi-fi, ma il mio amore per le bettole rimane eterno, e per ora ne avevo trovate poche.
Cosi' scrivo a mano, sopra un tavolo di plastica che sembra aver visto tutto il '900, circondato da cileni con facce da porto che non si tolgono nemmeno per un istante il berretto e la giacca a vento e a cui sembra sia stato proibito di radersi e di ridere.
"Barbaro", come dicono in Argentina per dire "una figata, ottimo, eccellente".
Una sera in cui bevo troppo (ecchecazzo, qui non fa che piovere) scambio qualche parola con un tavolo.
Che ci posso fare, come gia' in Brasile, mi piace questa gente a prima vista dura, silenziosa, dalla faccia di pietra e le parole pesanti.
E mi sento piu' sicuro a lasciare qui la mia borsa incostudita che in un bar alla moda.
Sara' che alla fine sono un fighetto di buona famiglia.

19.03.08

Faccio un giro per la citta', cercando di andare sulla Costanera, il lungomare.
E' strano come questa tranquilla cittadina di case colorate, di alberi e prati, si trasformi d' improvviso in una baraccopoli, davanti a una sabbia di rifiuti che guarda un mare di nessun colore, mai cosi' inutile.
Proseguo camminando e c'e' qualcosa di simile a una spiaggia di gabbiani, qualche nave al largo, i colori stavolta luminosi del tramonto e un relitto di nave lontana che mi avvicino fotografando finche' non mi accorgo che e' una zona militare e un marinaio mi dice semplicemente: no.
Punta Arenas e' piena di militari e marinai, alcuni li vedo passare armati fino ai denti e dipinti in viso, immagino dopo un' esercitazione.
Stavolta, tengo la macchina fotografica in tasca.

TORRES DEL PAINE
21.03.08

Prendo un full day tour per il Parco Nazionale Torres del Paine, perche' sono preoccupato dal meteo che dice soltanto pioggia, e per vedere intanto come sarebbe restarci piu' giorni.
La strada per il parco passa all'inizio attraverso un campo pieno di mine anticarro.
Se capisco bene, sono li dal '78 (ed e' troppo costoso toglierle) perche' siamo al confine con l'Argentina e allora si rischio' un conflitto per ragioni territoriali, scongiurato all'ultimo istante grazie all'intervento del Papa.
Questo episodio, e le Malvinas, che in Argentina sono l'occasione continua per dedicare piazze, erigere monumenti e scrivere poesie stucchevoli, e' per i cileni invece l'ennesima prova che gli argentini sono dei guerrafondai.
E della disastrosa spedizione alla conquista delle Malvinas parlano ridendo:
"Malvinas? Mh..ah vuoi dire le Isole Falklands!"
Il parco e' naturalmente stupefacente, una meraviglia ovunque si guardi, uno spettacolo totale, intero, probabilmente unico, di natura, laghi, fiumi e montagne di granito che incutono rispetto.
E' enorme, in alcune parti e' pieno di guanachi e di nandu', in altre di cascate, e laghi di acqua del ghiacciaio, densa e lattiginosa, di un colore verde pallido che non sembra vero.
Adesso che e' finita la stagione degli amori, i guanachi tornano a formare branchi numerosi.
A volte pero' se ne vede uno solitario, sopra una collina.
Sembra guardare il vento ma in realta' fa da sentinella per gli altri, pronto ad avvertire il branco se dovesse avvistare il loro nemico naturale, il puma.
E' un esempio, piu' o meno raro, di collaborazione, di cooperazione invece che di concorrenza nel mondo animale.
Anche i suricati, quelle assurde specie di manguste da deserto che stanno in piedi, usano sentinelle dalla buona vista contro i falchi e gli altri predatori.
Mi pento ovviamente subito di non restare di piu' nel Parco ma d'altra parte un viaggio senza rimpianti non sarebbe un viaggio.
E sopratutto le famose 4 stagioni in un giorno delle Torres del Paine si fanno vedere tutte quante senza eccezioni.
Venti minuti di sole caldo, poi nuvole fredde, poi un vento che ti porta via, e per finire pioggia battente.
E tutto si ripete tre volte nella stessa giornata.
Onestamente non sono pronto: non ho i vestiti, l'equipaggiamento, e forse nemmeno l'esperienza e la preparazione per 5 giorni di tenda in marzo, quando l'autunno fa brillare di giallo e arancione le foglie degli alberi del parco.
Non sono nemmeno certo, anche se sarebbe aggirabile, che la Conaf, l' ente che gestisce il parco e a cui e' d'obbligo registrarsi e dire cosa si intende fare, mi lascerebbe entrare per 5 giorni da solo.
Ovviamente (e grazie a dio) non c'e' campo telefonico, ci sono altre persone si', ma se ti succede qualcosa e sei solo i soccorsi arriveranno quando arriveranno.
La prima sosta del minivan e' per il Salto Grande, una splendida cascata, alla quale si arriva in 10 minuti di cammino.
Da li' io e Leonidas, un cileno dall'aspetto un po' grottesco, che fa foto in continuazione perche' di mestiere produce calendari, proseguiamo fino al Mirador, ai piedi delle montagne, dove restiamo incantati, semplicemente incantati, da tanta bellezza e fortuna.
Torniamo pero' in questo modo al minivan con circa un'ora di ritardo.
Quasi tutti la prendono con filosofia, una delle due americane che fanno parte del gruppo invece, non mi rivolgera' piu' la parola per tutto il giorno.
La solita figura da italiano, si potrebbe dire.
Ma d'altronde, sto in uno dei parchi nazionali piu' belli del mondo, vedo un cartello con scritto "mirador", e che faccio, non ci vado?
  
 Alla tappa successiva, Leonidas e' sfinito, cosi' vado con gli altri a camminare sulla stranissima spiaggia del ghiacciao Grey e fino al punto panoramico.
Vedo i miei primi iceberg, piccoli ma comunque di quell' azzurro sorprendente che mi aspetto di trovare abbagliante al Perito Moreno.
Arriviamo al mirador, da dove si gode una bella vista del ghiacciaio che slitta antico fino all'acqua, e ci sediamo a riposarci su una panchina.
L' americana (quella che mi parla ancora) mi indica due nuvole quasi tonde, piccole, cosi' piatte che sembrano spalmate poco sopra le montagne.
"Guarda, quelle sono nubi lenticolari", mi dice "non si muovono.
Vedi come le altre nuvole le superano e sembrano attraversarle?"
E' vero, ed e' magnifico.
Con Carlos, spagnolo del sud, concordo sui vantaggi del viaggiare da soli, che si riassumono alla fine in un unico concetto che ho gia' espresso altre volte.
Quando mi sveglio al mattino, posso chiedermi:
"Cos'e' che ho veramente voglia di fare oggi?"
Tutto qua.
Poi un giovane cileno ci indica in lontananza un condor andino, che si e' appena alzato dalla parete di roccia che fa da orizzonte alla nostra sinistra.
E' il primo che vedo.
Forse non saranno gli uccelli piu' belli del mondo ma volano comunque in maniera piuttosto maestosa, e per quanto il record di altura appartenga all' avvoltoio americano, anche il condor andino raggiunge altezze di migliaia di metri.
Non godono nemmeno di buona fama, visto che si nutrono esclusivamente di carogne, carne morta insomma.
Ma a parte il fatto che questo dovrebbe essere un pregio, visto che per una volta non si ammazza nessuno, a me piacciono perche' me li immagino riposarsi su una cima a 5000 metri, guardare in basso e poi dire:
"Certo, lo sappiamo che tutto questo finira', e che prima o poi non ci sara' altro che morte dappertutto.
Allora faremo il nostro ultimo, indimenticabile pranzo.
E poi, ce ne andremo anche noi.
Ma lo faremo per ultimi."

Le montagne, i fiumi, le valli e le pianure
sono la terra in movimento.
Oggi lo sono anch'io.
 
EL CALAFATE
23.03.08

Sono contento di rivedere gli argentini, cosi' cordiali, espansivi, chiassosi, (se solo avessero un po' meno bambini..) confusi ma efficienti.
Col loro parco macchine di Peugeot, 127, Ford Falcon e altri coches che stanno insieme non si sa come.
E col loro essere sempre tanti e dappertutto, e la mania per il calcio.
Jorge a Puerto Madryn mi disse:" da piccolo cantavo Faccetta Nera ma ora ho una sola fede, il Boca."
Se il mondo fosse un gioco di ruolo, gli argentini sarebbero probabilmente dei caotici buoni.
Carlo mi ha detto che in Spagna gli argentini non sono cosi' ben visti, perche' sono fanfaroni, arroganti e sanno sempre tutto loro.
Gli ho detto che credo sia un po' come per noi italiani, che siamo credo i peggiori turisti del mondo quando andiamo all'estero ma e' difficile, a parte forse Venezia, che qualcuno si lamenti del nostro carattere.
Avevo cambiato il mio itinerario, andando prima a Bariloche, per non essere a El calafate durante la semana santa.
Alla fine non e' che ho sbagliato data, e' che avevo programmato 5 giorni per le Torres del Paine che poi non ho fatto.
Comunque sia, per farla breve, il 23 marzo 2008, Pasqua come dio comanda, salgo alle 8 del mattino su un bus che mi portera' al ghiacciaio Perito Moreno.
Il ghiacciaio, alto 60 m. fuori dall'acqua, 120 m. sotto, con una superficie di 250 km quadrati e una crescita in questo periodo di 2 metri al giorno, e' certamente una delle meraviglie della natura piu' strabilianti che ho mai visto.
Una parete che sembra senza fine, e una distesa che lo e', di ghiaccio azzurro (e' l'ossigeno, piu' il ghiaccio e' compatto, piu' e' azzurro).
E' sinceramente meraviglioso, quando si sentono i tuoni del ghiaccio che si spezza e con un po' di fortuna si vedono costoni cadere in acqua, lo spettacolo lascia davvero senza fiato.
E' ghiaccio, antico, vivo.
Ci cammino anche sopra, col minitrekking che organizza Hielo y Aventura.
Un' esperienza turistica forse, ma Cristo, stare su un ghiacciaio, con dei ramponi ai piedi, guardare le crepe nel ghiaccio e i canyon che gli smottamenti della terra creano, e quell' azzurro cosi' vero, cosi' denso, cosi' blu e cosi' klein che resta nei miei occhi e non se ne va e' un salto al cuore che non mi riuscira' dimenticare cosi' in fretta.
Mentre camminiamo sul ghiacciaio vediamo una guida che in un momento libero scala una parete di ghiaccio coi ramponi con la punta e due picozze.
Sembra cosi' facile farlo, a guardare lui.
Quando arriva in cima ci saluta, poi scompare cercando una via per la discesa.
Chiedo alla ragazza che ci porta a spasso e si occupa di salvarci la vita, che vorrebbe venire in Val d' Aosta, fin dove arriva quando e' sola, quando e libera.
"Me encanta escalar el hielo", mi risponde, e fa un gesto con la mano che indica lontano, in mezzo al ghiacciaio, che poco dopo dove siamo noi comincia a frastagliarsi, diventando la cosa piu' irregolare, e quindi naturale, del mondo.
Posso immaginare i suoi occhi che si illuminano anche dietro gli occhiali a specchio.

E il cielo della Patagonia, quanto ne ho visto ormai (a volte in autobus mi sforzo di non dormire per guardare dal finestrino).
Non ne ho mai parlato credo, perche' per me che spesso vivo di parole, e' difficile trovarne di appropriate.
Per la sua grandezza, la sua pienezza, i suoi colori, le sue albe e i suoi tramonti, e' al limite dell' imparlabile.
"Com'e' il cielo della Patagonia?"
"Tutto", e' l'unica risposta che si avvicina un poco alla realta'.
 
EL CHALTEN
24.03.08

 
Poche volte in vita mia ho visto un posto cosi' assurdo, ostile e inospitale come El Chalten.
Le strade di ghiaia e sassi sono sempre spazzate da un vento battente che ti obbliga a tenere gli occhiali a qualunque ora del giorno  per salvarti gli occhi dalla polvere.
Ugualmente, dopo qualche ora, sei comunque con certezza l' Uomo Sabbia, il nemico dell' Uomo Ragno.
El Chalten e' un ammasso di case disposte a caso, in un lotto di terra incastrato tra alcune delle montagne piu' famose del mondo, il Cerro Torre e il Fitz Roy.
(Fitz Roy era il capitano del Beagle, il brigantino su cui viaggio' Darwin, per il viaggio che si pensa gli forni' le intuizioni successive per la sua teoria).
Ci sono i marciapiedi, stanno cercando di asfaltare le strade, e costruiscono alla cazzo edifici dappertutto.
Ci sono supermercati, ostelli, un internet cafe', qualche libreria, qualche ristorante sparso qua e la'.
Ma ci vorra' ben altro per fare di questa citta' selvaggia in miniatura, nata direi come base per scalatori estremi, un posto accogliente, o anche solo normale.
Ovviamente, questo e' anche quello che la distingue, e capisco come alcuni possano subirne il fascino.
Sopratutto quando un ragazzo argentino mi dice che El Calafate, 20 anni fa, era come El Chalten.
Ora El Calafate, dove dormo, e' un mini-dedalo di negozi, ristoranti, boutiques, paseos dell'artigianato, casino' e agenzie di viaggio.
Si sta bene eh, e' come essere in una specie di Costa Azzurra sui ghiacciai, cresciuta col solo scopo di spennare i turisti.
Ma anche se non sono cosi' estremo, spero che El Chalten non diventi cosi'.
Prendo il sentiero verso il mirador della Laguna Torre, salendo per la parte piu'difficile (un caso eh, niente di scelto a priori).
Anche sul primo tratto del sentiero, che e' di sabbia e ghiaia, il vento batte incessante, spalmandomi di polvere gli occhiali scuri, ed e' cosi' in salita, che per la prima volta mi chiedo se so quello che sto facendo.
"Volevi le montagne?", mi dico, "ecco le montagne".
Poi la via si fa piu' tranquilla, anche se con qualche tratto a scale e salite, e arrivo al punto panoramico.
Il Cerro Torre oggi e' un' enorme nuvola bianca, che lo ricopre interamente, lasciandone scoperto giusto uno spicchio di base.
Il Fitz Roy pure.
Non e' giorno fortunato per vedere le cime di queste montagne cosi' famose e cosi' dure da scalare.
Mi accontento di guardare le montagne attorno, il glacier grande e il Cerro Solo, una cima piu' piccola, mezza coperta di neve, che sembra respingere le nuvole e attirare il sole.
Al mirador c'e' una simpatica signora di Anzola, a volte il mondo e' un punto microscopico anche quando entrambi siamo a 13000 km. da casa.
Sta aspettando il marito che con la guida e' sceso giu' fino alla Laguna Torre, perche' aveva voglia di camminare.
Io per una volta seguo i consigli del Guardiaparco, che mi ha detto che se il Torre e' annuvolato
e' inutile andare piu' in la' del mirador, o aspettare, restera' comunque invisibile per tutto il giorno.
La signora mi dice che da giovane ha conosciuto  Cesare Maestri, il "ragno delle Dolomiti", a cui qui nel Parco e' dedicato un punto panoramico.
Maestri scalo' il Cerro Torre, insieme al suo compagno Toni Egger, austriaco, che mori' durante la spedizione.
Durante la discesa, mi racconta la signora, Maestri resto' per 5 giorni appeso nel vuoto.
Seguirono dubbi e illazioni, sopratutto perche' quando il corpo del suo compagno torno' a valle,
non fu trovata la macchina fotografica, che avrebbe certificato la riuscita della scalata.
Ancora oggi rimane il mistero se Maestri scalo' davvero il Cerro Torre, nel 1959.
(Quando altri italiani, arrivarono per la prima volta con certezza in cima nel '74, non trovarono nessun indizio della spedizione di Maestri ed Egger.)
Perche' il Cerro Torre non e' forse tecnicamente la montagna piu' difficile del mondo da scalare (ma ne so zero) ma le condizioni atmosferiche spesso estreme lo rendono una sfida davvero al limite anche per gli alpinisti piu' esperti.
La sua vetta e' neve, ghiaccio e vento.
Del Cerro Torre, e in fondo della spedizione di Maestri, parla Herzog nel "Grido di Pietra", non uno dei suoi film migliori forse ma pur sempre un Herzog.

Poi torno sui miei passi, scendo stavolta per il sentiero che dovrebbe essere piu' facile, mi fermo con 2 americane a guardare 3 picchi (uccelli stavolta, non  montagne), meravigliosi, neri con una grande striscia bianca sulla schiena e un pennacchio rosso in testa.
Non fanno, ovviamente, nient'altro  che bucare usando il becco come un martello gli alberi di faggio di cui e' composto il bosco.
Forse altri hanno gia' visto tutto questo, e potra' sembrare normale, o banale.
Noi l' unica cosa che riusciamo a dire quando ci avviciniamo, e' solo: "amazing".

Torno da El Chalten verso le 22 e 30, quando tutte le agenzie sono ormai chiuse.
Mi perdo cosi' la crociera sul Lago Argentino, per vedere i ghiacciai Upsala, Onelli e Spiegazzini.
Ma alla fine e' una settimana che vedo solo albe, bus e faccio escursioni.
Ho bisogno di sonno, di una lavanderia, e di un mondo che riconosco stanco come me attraverso il vetro di un calice di birra.

PUERTO NATALES
26.03.08

Sul bus che mi riporta a Puerto Natales c'e' una comitiva di brasiliani, anzi, di vedove brasiliane col loro accompagnatore.
Organizza viaggi solo per signore di una certa eta' perche' ormai, dice, sa quello che vogliono, ma vuole smettere perche', dice, a volte diventano insopportabili.
Due in effetti le odia con tutto il cuore.
(e tralascio la parte in cui mi spiega di cosa hanno bisogno, e non trovano piu', le donne isteriche di una certa eta').
Quando una signora di San Paolo si fa beccare alla frontiera cilena con due mele nella valigia, cosa che costa a tutto l'autobus un' ora di ritardo e a lei 250 dollari di multa, la sua faccia e' stravolta dalla stanchezza e disgusto per il mondo intero.
Io, lo ammetto, non posso fare a meno di riderci sopra.

Il momento che avevo sperato di evitare e poi, vedendolo inevitabile, mi ero accontentato di rimandare, stava arrivando inesorabile.
Quando sarei stato lontanissimo dal posto in cui volevo andare e sulla strada non c'era niente che non avessi gia' visto o volessi vedere.
Quando sarei stato a circa 3000 km da Mendoza, la mia prossima tappa.
E' leggendo un racconto di viaggio (grazie Backpacker, grazie ancora) che scopro che posso volare con la Sky Airline, la low-cost cilena, da Puerto Natales a Santiago, con meno di 70 euro.
Passero' i giorni programnmati per le Torres del Paine a Santiago e Valparaiso, straordinariamente, almeno in linea d'aria, sulla stessa orizzontale di Mendoza.
E' fatta.
Niente viaggio di 3 giorni in autobus, con pause d'albergo lungo la via.
Un saluto commosso alla Patagonia.
Uno sguardo riconoscente a tutta la bellezza che mi ha dato.
Si vola verso nord.

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3.Bariloche e Puerto Madryn
4.Verso sud, dove va a finire il mondo
5.Poco Cile, Torres del Paine, Ghiacciai
6.Santiago e Mendoza e via verso il Nord Ovest
7.Cachi e San Pedro de Atacama