1.Impressioni di Buenos Aires

Queste sono le mail che ho scritto ai miei amici durante il viaggio. Ce n'e' pure una, l'ultima, che non ho spedito, perche' per un grave problema il mio viaggio si e' interrotto bruscamente a Cordoba (per questo, non per follia, in 3 mesi non ho visto Iguacu').
Come al solito queste mail contengono anche cose poco interessanti per chi cerca semplicemente info di viaggio. In "Info Pratiche" ci sono informazioni sul viaggiare e nella sezione "Accomodations" gli alberghi e ristoranti dove sono stato.

6. Santiago e Mendoza e via verso il Nord Ovest

SANTIAGO
27.03.08

Mi fa bene stare in una grande citta', perche' ci sono volte in cui mi piace, e forse ho bisogno, di non sapere dove sono e andare alla deriva camminando.
E poi e' finalmente caldo, cambio le scarpe da montagna coi sandali, e rimetto in valigia la fantastica giacca che mi ha lasciato in eredita'  Maserati Corse, che mi ha salvato non so quante volte dalla pioggia, dal freddo e dal vento.

Per un disguido cambio casa dopo una notte sola, trasferendo la mia borsa al Marilu' Bed and Breakfast, dove la gorda e gentilissima Marilu' mi da' parecchie informazioni su una citta' di cui so davvero poco e di cui non ho una guida.
Quando arrivo c'e' anche un uomo che sembra gestire il posto, e mentre mi offre un caffe' mi stupisce con un cinismo affilato come una spada giapponese.
"Vuoi andare a Valparaiso?" mi dice " Stai attento alla borsa, o meglio ancora non portarla proprio. Perche' sono poveri.
E' patrimonio dell'Unesco, quindi non possono cambiare nulla di una virgola.
Questo significa che sono poveri e resteranno per sempre poveri."
Anche alcuni argentini si lamentano del fatto che nella Peninsula Valdes, dove sono andato senza fortuna a caccia di orche, per il fatto che e' patrimonio dell' Unesco non possono nemmeno asfaltare le strade.
Mentre chiacchieriamo in televisione ci sono immagini degli scontri di piazza che ci sono stati ieri a Santiago (e anche oggi vedro' dappertutto spaventosi poliziotti in divisa antisommossa).
Si vedono blindati che inseguono ragazzi, e fumo di lacrimogeni.
"L'ennesima protesta che non serve a nulla", dice
"stavolta sono gli studenti, un' altra volta i professori, ma tanto le cose non cambiano mai.
Perche' questo e' il Sudamerica, il posto in cui la stupidita' diventa una virtu'."
Eccomi qua, penso. Presente all'appello.

La sera vado a vedere com' e' Bellavista, il quartiere dei bar.
In tutta onesta', i cosiddetti barrios bohemiens sono un po' tutti uguali e fatti con lo stampino.
Ovvero strade dense di tavolini all' aperto fitti di persone che bevono birre da litro.
E' il loro fascino certo, ma anche un po' il loro limite.
Bellavista non e' affatto male ma in effetti non c'e' nulla che non abbia gia' visto in altri posti.
E dei bohemiens, come al solito, e' rimasta solo la vita alcolica, e molta poca letteratura (qui c'e' anche una delle case di Pablo Neruda).
Comunque sia, mentre bevo la mia Escudo in un bar all' aperto passa tra i tavoli una ragazza carina che dice "marijuana".
Lascio una mancia indimenticabile al cameriere per inseguirla.
Vende galletas de marijuana.
Ganja Cookies, insomma.
Le chiedo della polizia e mi dice che non c'e' problema, perche' sono cucinati col burro, e quindi non e' reato il consumo.
Le credo, e pensando all' assurdita' del proibizionismo e alle sue infinite scappatoie le do' i 1000 pesos cileni (1,5 euro) che mi chiede.
E cosi' ho in mano un enorme biscotto d'erba.
In vita mia ho fatto acquisti peggiori.
E' un mese e mezzo che non tocco nessuna droga che non siano alcol o tabacco e cosi' ne mangio mezzo.
Sarebbe la dose giusta se non risolvessi la serata cenando a base di birre con un argentino e due ragazze cilene, che dicono di fare i pasticcieri allo Sheraton, e un francese in viaggio come me che continua a dirmi che non andra' in Argentina perche' la sua agenzia gli ha detto che ci sono disordini, e quindi restera' a Santiago 10 giorni, periodo follemente eccessivo.
In Argentina ci sono degli scioperi e dei blocchi dei trasporti, un po' come e' successo in Italia qualche tempo fa.
Le macellerie di Buenos Aires sono quasi vuote, ma i manifestanti fanno passare gli autobus e quindi non vedo dove sia il problema per un turista.
Mah.
Quando ci alziamo, il francese non si regge in piedi, e io quasi.
La troppa birra a stomaco vuoto e l' erba presa senza coscienza non mi fanno camminare dritto.
E' stata una cazzata essere cosi' confuso e in balia cosi' lontano dall' hotel, che cerchero' di non fare piu'.
Quello che mi salva, anche se forse non sono un testimone troppo attendibile, e' che e' venerdi' sera, e tutto il quartiere di Bellavista sembra essere messo come me.

Perche' non e' come quado cammino senza paura e senza coscienza per tutte le strade del mondo.
Come quando mi hanno rubato lo zainetto in India, o come quando qualcuno mi racconta di essere stato rapinato in Brasile, o a Roma, come una signora con cui ho chiacchierato su un autobus.
"Se non viaggi non ti succede" e' quello che dico sempre.
Perche' ala fine cosa potranno mai rubarmi?
Una carta di credito che posso bloccare, un passaporto da rifare in un' ambasciata, pochi (e' d'obbligo) contanti che non mi cambieranno la vita, qualche vestito a cui mi sembra di essere affezionato e che dimenticherei in due birre.
Ma le visioni, la meraviglia, la stanchezza e l' ostinazione del viaggiare, quelle non me le rubera' mai nessuno.
E quello resta, alla fine.
Mai come quando viaggio, e tutto cio' che ho sta in una valigia o in uno zaino, e' ovvio che la proprieta' e' una prigione.

I biscotti (per sicurezza ne avevo comprati 2), una volta messa da parte la stupidita', si rivelano in seguito ovviamente una delizia, anche se certamente molto piu' mentale che gastronomica.
Ne mangio mezzo il giorno dopo, giusto prima di entrare al Museo Precolombiano di Santiago.
Non e' grande ma e' molto vario, e ha dei pezzi magnifici.
Ci sono le maschere  e le statue di un minipopolo di cui scordo il nome, che rappresentano sempre persone con una guancia gonfia, per la tipica pallina di foglie di coca che tenevano in bocca (e ancora e' cosi') per salire le montagne.
Ma la visione piu' sorprendente e' l' esposizione temporanea sui Moche, una popolazione che abitava il Peru' precolombiano.
Tutta la loro cultura ruotava attorno alla figura del Governante.
Quando il Governante moriva, lasciava in eredita' un tempo di siccita' e disastri naturali, mentre compiva il percorso dal mondo dei vivi a quello dei morti, per finire a quello degli antenati.
Per poi tornare e portare felicita' a tutti quanti.
(si', c'e' qualcosa di non chiaro, lo so)
Durante il viaggio comunque, per facilitare la via ed aiutare il governante a superare gli ostacoli, i Moche compivano svariati riti, quasi tutti sessuali.
Cosi' le loro opere e rappresentazioni sono piene di rapporti anali (eterosessuali), rapporti orali, di uomini che si autocastrano, di scheletri che si masturbano e donne che masturbano pellicani.
E sacrifici crudeli, mutilazioni durante il coito, di solito il taglio del naso e delle labbra, e degli enormi peni di terracotta da usare come bottiglie, a significare l'importanza dei fluidi e dello scorrere della vita, che si  identificava anche con cio' che consideravano piu' prezioso dato il territorio dove vivevano, cioe' l'acqua.
E se ho capito bene, un Olimpo composto da soli due dei, anche qui una divinita' di terra, "Cara Arrugada" e una d' acqua, Iguana.
Che fantastica stranezza.

E´ bella Santiago, molto piu' sudamericana in un certo senso di Buenos Aires, e Plaza des Armas e' magnifica, come il Palacio della Moneda, dove il macellaio Pinochet e i suoi sicari uccisero, o costrinsero al suicidio, Salvador Allende, che sara' pure stato massone e avra' avuto tutti i difetti del mondo ma era comunque stato democraticamente eletto.
E le sue strade pedonali che il fine settimana si riempono di folla, mimi, teatri di strada e spettacoli di kung fu mi fanno sentire caldo e leggero.

VALPARAISO
30.03.08

"Allora vai nella Napoli cilena", mi dice il tipo che gestisce l'ostello.
La sua saggezza malata brilla anche stamattina quando un telegiornale mostra immagini della Colombia.
"Ecco il Sudamerica. Si', il Cile, l' Argentina, il Brasile anche..sono posti alla fine moderni, ma il resto...la Bolivia, il Peru', il Paraguay..puah..sono paesi con una natura bellissima, ma sono precolombiani.
Medioevo.Puro Medioevo."
ah ah

Il poco che ho visto di Valparaiso ha in effetti qualcosa in comune col poco che ho visto di Napoli, anche se a Valparaiso mi sembra manchino le strade di lusso, che immagino siano a Vina del Mar, localita' turistica di spiagge proprio accanto.
Il porto, tuttora enorme e in piena attivita', e' alla base di diverse colline (cerros) in cui si incastrano stradine in salita precipitosa, affollate di antiche e decadenti case coloratissime.
In effetti e' magnifico, e' facilissimo perdersi, e anche se capisco la teoria, in pratica non l'ho trovata cosi' pericolosa come i cileni sembrano pensare.
Anzi, con attenzione sarebbe uno strano posto magico in cui fermarsi una settimana o piu'.
Perche' non e', almeno in questo periodo, cosi' turistica come pensavo, e per esplorare tutti i suoi angoli luminosi sarebbe necessario molto piu' tempo di quanto gli dedichi io in questo viaggio.
Ma camminare le colline e' davvero faticosissimo (ci sono ascensori, splendidi e anticamente pericolanti, per arrivare in cima, ma non tutti funzionano), e ormai ho deciso di andare a nord, sara' per un'altra vita.

31.03.08

Da Santiago torno in Argentina (forse per l'ultima volta), a Mendoza, che e' in effetti a solo 6 o 7 ore di viaggio.
Alla frontiera cilena, in mezzo alle Ande, l' autobus ha qualcosa di storto a una ruota, fatto che, ci dice l'autista, e' piuttosto comune su questi faticosi tornanti.
Io sono ovviamente sceso a fumare e cosi' sono uno dei 10 fortunati che salgono su un altro autobus, diretto a Buenos Aires.
Non e' un semi-cama, ma un cama, con addirittura il primo posto in alto libero.
Sprofondo quindi nella poltrona di pelle davanti all' enorme vetro anteriore e mi guardo per tutto il viaggio un paesaggio strepitoso.
Le Ande, che tra un mese saranno bianche di neve, ora sono, e mi stupisce, di mille colori da pittore.
La Cordigliera e' giallo limone, verde veronese, grigio antracite, nero vulcano, ocra d' arancio, terra di Siena, rosa corallo.
Mai mi sarei aspettato tanta inaspettata bellezza dal finestrino di un autobus.


MENDOZA
1.04.08

Beh Mendoza, e' una fantastica sorpresa.
E' bellissima, frizzante di bar e non ho credo mai visto una citta' cosi' alberata.
Le strade del centro, ai cui lati corrono i canali d'irrigazione in pietra da cui scende l'acqua delle Ande, sono fresche d'ombra e vestite di platani.
Le sue piazze centrali, disposte come il 5 in un dado, sono caratteristiche e sembrano sempre apparire quando ti  serve una panchina su cui riposare al sole o svenire all'ombra.
Siamo al nord e quindi, come speravo, e' anche il posto piu' economico che ho incontrato finora.
E oltretutto, scusate il machismo, la sua percentuale di belle donne e' tale (e i mendocinos lo sanno bene) che Mendoza verrebbe eliminata da qualsiasi ragionevole statistica.
Non faccio nessun tour nelle vinerie circostanti (non l'ho fatto nemmeno nella Napa Valley in California).
Mi accontento di sorseggiare gli ottimi vini della regione, o perlomeno quelli a buon mercato, che restano comunque eccellenti, come alcuni Malbec.
Perche' anche a Santiago (e qulcosa non mi e' chiaro, quando sono a casa passo intere domeniche pomeriggio sul divano, e non e' solo l'hashish) ho camminato come un disperato senza meta, avanti e indietro, o su e giu', come a Valparaiso.
Quindi, visto che sono in vacanza, a Mendoza passo 3 giorni di riposo sommelier nei caffe' e nei bar.
D'altra parte Los Penitentes, curiose formazioni rocciose delle Ande, e il Puente dell' Inca, un ponte naturale solforico li ho gia' visti arrivando in autobus dal Cile.
E nessuno dei due comunque varrebbe sinceramente le ore di strada per arrivarci.
A Mendoza c'e' pure Plaza Italia, con un monumento agli italiani che hanno contribuito a fare grande l'Argentina.
E sui muri, manifesti di Veltroni, per il voto degli italiani all'estero.
Li vedo giusto quando imparo da Repubblica che il Partito Democratico annovera tra le sue file l' ennesimo generale ammazzacivili che straparla di gay e bordelli per i nostri soldati in missione all'estero.
"Prostitute maggiorenni e consenzienti", dice.
Immagino quanto possa essere libera la scelta di prostituirsi in paesi dilaniati dalla guerra e dalla fame.
Immagino quanto le donne di Napoli fossero contente nel '45 di scambiarsi malattie veneree coi soldati  americani.
Ma il generale ritratta tutto e quindi ce ne dimenticheremo nell' arco di due telegiornali.
Il peggio e' che probabilmente questa testa di cazzo in divisa che sembra venire da Marte, andra' pure in Parlamento.
Quanto sono felice di perdermi questa vigilia pre-elettorale italiana, e anche di essere lontano quando si vota, da un paese che non mi manca e per cui non riesco a vedere novita' e speranza se non forse nell'arco di un secolo.
Invecchiando, purtroppo, l'Italia riesce soltanto a generarmi un senso d' impotenza, che si traduce subito in rabbia e disgusto.
E la cosa che piu' odio , il male assoluto, e' che so che e' quello che i politici vogliono e sperano.

SAN AGUSTIN DE LA VALLE FERTIL
3.04.08

Lascio Mendoza e la sua foresta di bar per andare verso 2 parchi, l' Ischigualasto, detto anche Valle della Luna, e il Talampaya.
Prendo un bus per San Agustin de la Valle Fertil, che sembra essere la base piu' comoda per visitarli entrambi.
Eccomi al nord, con le sue valli e i suoi cactus, e i suoi punti di ristoro degli autobus perduti in un nulla di sole e polvere rossa.
San Agustin e', sara' che e' bassa stagione, un posto splendido e vero, microscopico e ovviamente straordinariamente economico.
Dormo da Dona Zoila, dove pago una doppia 15 pesos.
I 2 parchi, mi dicono quelli che si spacciano per tour operator, si possono visitare in giornata, dopodiche' il consiglio e' di prendere subito un bus per La Rioja da dove poco dopo arriveranno quelli per Salta, mia prossima meta.
Se tornassi a dormire a San Agustin mi toccherebbe poi tornare a San Juan, dove ho cambiato autobus sulla strada da Mendoza.
Mi sembra una soluzione fisicamente stancante ma estremamente efficace.

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Tutto il buono e le parole,
le stelle sulla fronte di quando mi sveglio ridendo al mattino,
i soli del pianeta in cui quando sara' mi piacerebbe morire,
le attese di magia di chi non ha nessuno che lo accarezzi
quando ritorna al buio,
il sorriso di una ragazza che scatena l'aurora,
l'ingiustizia totale, effimera per fortuna, e densa di neve come i tetti,
ghiacchiata come le fontane,
semplice come chi non si ama e non si vuole.
Il miracolo di restare in piedi quando l'universo
e' un suono solo, cupo, che fa paura ai gatti e spaventa il grano,
piega le foglie in un verso, come fosse vento che non conosce
direzione, tramonti o fine.
L' estremita' delle mie dita
quando di passaggio toccano per conoscere un mondo nuovo
e un avvenire che promette ancora,
il cielo padrone di tutto, nel giorno che va a finire e che aspetta
di bere per ricominciare,
l'estremo sud, l'estremo nord,
il camminare senza meta perche' sono i piedi a comandare,
come un cavallo senza animale.
Tutto questo e' viaggiare.

San Agustin de la Valle Fertil 3.4.08
(dopo un White Horse ottuplo)

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VALLE DELLA LUNA E TALAMPAYA

4.04.08


Alle 7 vengono a prendermi per andare verso i parchi nazionali, ed e' sul minivan che potrebbe essere piu' nuovo e che e' tappezzato di moquette grossa come i sogni di liberta' degli anni '70 che faccio conoscenza con Sergio, Paolo e Anna.
Sergio, di Udine, ma da anni a Barcellona, ha lasciato il lavoro e viaggia non sa ancora per quanto per una parte di Sudamerica.
Paolo e Anna, laureati da poco e soltanto amici, sono partiti da Roma per fare un viaggio in Argentina che concluderanno poi in un villaggio sperduto in Peru', dove conoscono 2 medici volontari e cercheranno di dare una mano o anche soltanto un' occhiata.
Sergio passa per essere il preciso, ma forse e' una leggenda, per essere friulano beve zero, e sembra un bel viaggiatore.
Paolo e' un genio che non tace mai e non si prende mai sul serio, e Anna e' archeologa mediorientale e bella come il sole.
Con noi anche Flavian, un francese che e' sempre stato accanto a me negli autobus che mi hanno portato fin qua.
Si rivelera' una delle migliori compagnie che ho mai incontrato viaggiando.

La Valle della Luna, dove arriviamo come prima tappa, e' indiscutibilmente un posto straordinario e anche direi piuttosto unico.
Un enorme spazio aperto piu' deserto di ogni altro, con formazioni di terra bianca e morbida che sembra increspata come la pelle di un elefante e ci fa camminare in ogni dove su un cretto di Burri.
Nessuno, ci dice il guardiaparco, ha mai vissuto qui, tranne i guanachi che riescono a dissetarsi con la rugiada del mattino.
Per questo, dice, nessuno sa veramente cosa significhi Ischigualasto, perche' ogni ipotesi e' improbabile e vera al tempo stesso.
La chiamano valle della luna perche' e' simile a come e' la luna nell' immaginario, anche se qui oltre a crateri ci sono spesso formazioni rocciose a fungo, che sembrano sfidare l'equilibrio.
E nella piccola parte del parco aperta ai visitatori c'e' anche a fare da confine una fantastica parete di arenaria rosso fuoco.
E' un posto magico e ostile al tempo stesso, dove persino i cactus sono obbligati a scegliere con attenzione dove sopravvivere.
A tutti noi piacerebbe passarci una notte ma non si fa quasi un passo senza il guradiaparco, perche' il terreno e' inesplicabile e le rare volte in cui piove e si formano minuscoli torrenti che durano giusto qualche ora, il parco diventa impraticabile, la terra si trasforma in un fango colloso e pesante che immobilizza anche il piu' moderno dei 4x4.
Dopo la visita al parco stiamo una mezz'ora nel museo, dove un archeologo preistorico ci spiega come si trovano e puliscono i fossili di dinosauro e le scoperte fatte nel parco e nella zona.
E' uno dei piu' onesti che ho mai sentito parlare di dinosauri, ed e' una visita piacevole.

Dopo un cambio di minivan in un posto che probabilmente ancora non si e' meritato nemmeno un nome, siamo solo noi 5 a proseguire verso Talampaya, col suo famoso canyon, che e' una meta turistica ancora tutto sommato poco conosciuta o per viaggiatori di lungo percorso.
Il paesaggio qui e' completamente diverso, e forse, credo perche' non ci sono mai stato, simile allo Utah o alla Monument valley degli Stati Uniti.
Pareti rosse e friabili che salgono dalla terra fino a 150 metri, abitate da piante marziane e da poca fauna, tra cui il Mara, che vedo per la prima volta, e' che una specie di coniglio quadrato con le orecchie piccole che resta immobile mentre i suoi cuccioli si mettono in piedi cercando sembra di saltargli in sella.
Sopratutto qui ci sono dei petroglifi, ovevro antiche incisioni sulla roccia, di cui anche gli studiosi sanno davvero poco e quindi lasciano spazio alla libera immaginazione.
Ma sono penetranti, intensi, perche' questi sono disegni, grafici, segni di civilta' perdute.
Questo era l'uomo quando non credeva in dio, non conosceva i metalli e prendeva un fungo simile al peyote per permettere ai suoi sciamani di dialogare col mondo e col futuro.
E il canyon e' assolutamente immenso, stargli ai piedi e guardare in alto provoca un senso di vertigine al contrario e cambia colore a seconda del pomeriggio e temperatura a seconda dell' ombra.
Un posto, l'ennesimo di quest'Argentina che non fa che stupirmi, fantastico.
Nessuno di noi si aspettava che questo paese offrisse cosi' tanta varieta' e bellezza.
A parte forse le spiagge non c'e' nulla che non ci sia, e che non sia indimenticabile.


PARADOR LA TORRE

Siamo ancora sempre solo noi 5 a fidarci dei consigli e a farci abbandonare al Parador La Torre, un bar in mezzo al nulla di montagne dove si fermano gli autobus che fanno rotta verso nord.
Conosciamo meglio Flavian, ingegnere meccanico francese, che dopo un anno di lavoro a Singapore ha chiesto se poteva andarsene 6 mesi e tornare al lavoro e ovviamente potete immaginare la risposta.
Ora viaggia 6 mesi per il sudamerica, cercando sembra disperatamente di andare dappertuto in bicicletta.
Abiamo piu' di due ore da passare senza fare niente nello zero geografico in cui ci troviamo e cosi', che si fa, partono gli ordini delle Quilmes da litro.
A Ushuaia una Quilmes da litro costa 15 pesos, a El calafate 12, a Mendoza 8, qui costa 4, quando 5 pesos sono un euro.
Cosi' tra chips, toast e birre all' andare, succede che la sobrieta' diventa remota e si perde nel buio che arriva.
Come se non bastasse , Paolo compra una mezza bottiglia di Fernet, che in queste zone e' bevuto con la coca cola dappertutto, cosa che sulle prime mi ha lasciato esterefatto ma poi ci si abitua come a tutto il resto.
Cosi ci facciamo dei Fernet alla goccia per brindare al viaggio e per finire di aspettare.
Fuori dal Parador La Torre ci accoglie un fantastico cielo di stelle, con una via lattea cosi' bianca e densa che ti verrebbe voglia di sdraiarti per terra e aspettare che ti avvolga come un lenzuolo.
Solo nel deserto indiano avevo visto cosi' tante stelle, cosi' poca luce, cosi' poco mondo intorno.
Stiamo ad aspettare l'autobus in ritardo con gli occhi in alto, immaginando costellazioni e come al solito in questi casi, pentendoci di non essere astronomi.

In autobus Paolo e Anna offrono il Fernet rimasto ai nostri vicini di posto, che lo bevono tranquillamente, forse troppo gentili e assonnati per lamentarsi del casino che stanno facendo 5 turisti ubriachi durante una corsa notturna.

Quando scendiamo a La Rioja, non c'e' nessun autobus per Salta alle 23.30.
Oltretutto e' venerdi' e anche quelli successivi sono tutti pieni.
Flecha Bus ha il primo  disponibile per domenica, cosi' prendiamo i biglietti su un bus dell'Andesmar che perlomeno ci fara' partire per Salta domani sera alle 21.30.
Ci  tocca una fottuta notte a La Rioja, posto che tutti, nei mille piani di viaggi che ognuno di noi in questi mesi ha fatto, aveva sempre accuratamente evitato di aggiungere all' itinerario.
E a ragione.
Prendiamo due stanze al Residencial Anita, un posto cupo dove ci accolgono in una teca una statua della Madonna, una di San Nicola di Bari, santo patrono, e Gesu' Bambino.
Persino le chiavi delle stanze hanno santini come portachiavi.
Nesunno di noi e' invece particolarmente cattolico, per usare un eufemismo.
Da questo posto inquisitore ci sbatteranno oltretutto fuori domattina alle 9.30, senza eccezioni, senza colazione e senza nessuna fila di clienti fuori.
Spero che il loro santo, che a furia di essere adorato sara' diventato capriccioso come tutti, prima o poi si diverta a ridurre questo posto in cenere.


LA RIOJA
5.04.08

La Riojia, mi dispiace per i suoi abitanti, e' un posto disperato e senz'anima.
Ci aggiriamo come spettri per la citta' che fa  una siesta praticamente totale dalle 13 alle 18, lasciandoci a camminare per strade semideserte (le solite dell' Argentina: San Martin, Mitre, Belgrano...) e pugnalate dal sole del nord.
E' un giorno perduto per tutti, in un posto in cui sembra che se dici "Cristo" a voce troppo alta e non ti inginocchi subito dopo, ti manderanno al rogo.
Entriamo nella cattedrale, e non posso non pensare a quanta gente ancora crede che il mondo abbia 4000 anni e che Adamo ed Eva cavalcassero i tirannosauri.
Ma non ci sono cazzi, e' qui che dobbiamo aspettare l'autobus dell'Andesmar che ci portera' a Salta alle 21.30.
Ci salva qualche ora un internet cafe', ma nel pomeriggio e' al completo, perche i ragazzini di La Rioja, al posto del suicidio, per ora preferiscono passare le ore a giocare in rete a Lineage 2.
Persino i cani randagi, presenza fissa in Argentina, qui sembrano sfiniti dalla vita.
Stanno sui tetti, e non si capisce come ci siano arrivati e come faranno a scendere, o crollano svenuti al suolo dormendo in mezzo alla strada, come se fossero morti, o magri fantasmi narcolettici.
Alle 21, reincontriamo Flavian alla stazione.
Sara' forse perche' non dovevamo venirci, ma nessuno di noi e' mai stato cosi' felice di andarsene.

SALTA
6.04.08

Salta, indipendentemente dal fatto che veniamo dall'oscurita' di La Rioja e' una citta' obiettivamente splendida, caotica alla follia in alcune ore della giornata tanto da sembrare un altro luogo quando durante le ore di calma le sue piazze si svuotano, i marciapiedi sembrano ritirarsi e il sole splende sui suoi magnifici palazzi storici e le sue chiese perfettamente conservate.
Certo, anche qui quello che io considero il mondo moderno che non riusciamo a raggiungere e' lontano, visto che un adesivo sulla porta del mio ostello recita piu' o meno:
"questo e' un luogo cattolico, non si accettano altre religioni".

Comunque sia la citta e' viva, argentina e colorata, e siccome per Anna, Paolo e Sergio e' il penultimo giorno di Argentina ci concediamo una magnifica cena in un buon ristorante, con salmone, filetti e ottimo vino.
Al tavolo accanto al nostro ci sono due svizzeri (mi vengono ancora i brividi pensando a quali figure tragiche abbiamo fatto quando pensavamo che fossero francesi e quindi non capissero una parola d'italiano, che invece parlano in modo fluente).
Sono loro a riportarci sulla terra e a convincerci che il percorso che vogliamo fare domani con la Fiat Palio affittata da due ore e' impossibile in un solo giorno.
Pensavamo di andare a Cachi e poi scendere fino a Cafayate e da li' risalire a Salta.
Ma il marito svizzero, che oltretutto e' abituato a correre in macchina in montagna, dice che solo per andar a Cachi, per la sua strada di ghiaia, torrenti e fango, ci vogliono 4 o 5 ore.
Dobbiamo assolutamente scegliere, e ringrazio ancora questa coppia di svizzeri che ha evitato che non vedessimo nulla o passassimo semplicemente una giornata intera in macchina senza fermarci mai, con la paura di non rientrare in tempo alle 21.30 per riconsegnare la macchina al noleggiatore.
A fine serata, la sobrieta' tanto per cambiare e' lontana come l'Australia (Paolo, oltre ad essere drogato di alfajores, biscotti giganti di dulce di leche, e' anche come me appasionato di anis, come Anna) e ci salutiamo per 5 ore prima di rivederci tutti per partire alla volta di ancora non sappiamo dove.

CAFAYATE
7.04.08

Alla fine, dopo aver fatto il pieno che qui costa come in Italia una pizza, decidiamo di andare a Cafayate, per vedere la Quebrada e il paesaggio.
Cachi gli altri se lo perderanno, e la parte piu' a nord Sergio la vedra' comunque sulla strada per la Bolivia.
Sono circa 200 km per arrivare a Cafayate, e come ci avevano detto gli innumerevoli procacciatori di turisti che propongono escursioni e' da meta' percorso che lo spettacolo comincia.
Prima in effetti c'e' qualche paese sperduto, l' unica piazza del mondo senza nemmeno un bar e qualche benzinaio dove facciamo colazione col consueto caffe' espresso argentino che a parte rari casi e' petrolio.
(ma io mi ostino, sempre, comunque, ad ordinarlo)
Sulla strada ci fermiamo a fumare nei pressi di una fattoria dove animali con ogni probabilita' figli di esperimenti genetici pascolano sopra un campo da calcio molto piu' quadrato che rettangolare.
C'e' un cucciolo di maiale peloso e scuro, galli che sembrano impazziti, muli immobili come montagne e altra fauna che ricorda l' isola del dottor Moreau.
Piu' in la comincia la Quebrada, che e' il solco scavato tra le montagne dal fiume Las Conchas, un ruscello sottile che a tratti scompare ingoiato dalla terra per poi ritornare in superficie col suo assurdo colore argilla, per via delle montagne di arenaria rossa che ci circondano.
E' bello avere per una volta una macchina, fermarsi dove si vuole, senza nessuno che ti dice "vamos" quando ti sembra di essere appena arrivato.
La Palio va per la strada asfaltata e in effetti lo spettacolo comincia.
Vediamo la Garganta del Diablo, una spaccatura naturale che crea una volta gigantesca in cui la direzione delle fessure nella montagna sembra sfidare la forza di gravita', e valli incantate e chiuse da monti di tutti i colori, in cui il vento e il tempo hanno creato forme meravigliose che sembrano villaggi di capanne scolpiti, castelli, e su cui spuntano come tante sentinelle cactus giganti.
Prima di arrivare a Cafayate ci fermiamo in un posto che sembra un bar, un posto di cambio per pony express, e il vuoto della mente allo stesso tempo.
Qui al nord, un po' dappertutto se si fa attenzione, si possono vedere cartelli che dicono Coca y Bica, cioe' e ' assolutamente naturale e culturale vendere foglie di coca provenienti dalle piantagioni della Bolivia.
Cosi' mentre ci ristoriamo con un caffe' che non serve a nulla e guardiamo i cactus secchi che il tempo ha fatto diventare legno duro ma leggero, chiedo al gestore di quest' isola felice non necessaria:
"Tienes hocas de coca?"
Ovvio che le ha, la sua guancia destra e' due volte piu' grande di quella sinistra.
Cosi', la prima volta per tutti, ci mettiamo in bocca un po' di foglie di coca.
Si fa qualcosa di simile a una pallina e poi la si tiene nella guancia aspettando che faccia effetto.
Ad Anna sembrano non fare nulla, forse erano troppo poche, a me e Sergio danno un'alterazione che non e' alla fine qualcosa di piacevole (per quanto qualsiasi alterazione abbia il mio rispetto).
Un po' di nausea, una visione a tratti distorta, irrigidimemto dei muscoli del collo e l' addormentarsi delle labbra.
Dovrebbe anche difendere dalla sete ma per me e' il contrario, probabilmente il nostro corpo non ha la minima idea di come gestire per la prima volta questa ennesima sostanza aliena che gli facciamo ingerire.
Ma e' fatta, era un'esperienza che volevo fare da un secolo, e un sacchettino di foglie costa 1 euro.
Imparero' a governare anche questa pianta.
Proseguiamo per la strepitosa strada che ci porta a Cafayate, fotografiamo due lama da giardino e facciamo una breve pausa in paese, turistico ma comunque tranquillo.
Mentre stiamo seduti a un tavolino all'aperto a ristorarci con delle empanadas, vediamo arrivare un pazzo in bicicletta , che oviamente, non puo' essere che Flavian.
E' scappato pagando comunque l'ostello a Salta per andare a dormire a Cafayate e noleggiare una bicicletta per fare i 50 km della Quebrada.
E' sfinito e stanotte dovra' dormire in una piscina di Nivea ma e' l'uomo piu' felice del mondo.
E poi via, riprendiamo la via per Salta, dove arriveremo col buio, con un autostoppista argentino seduto dietro tra me e Anna.

Beh questa piu' o meno la cronaca di questi ultimi giorni zingari, il bello della vita insomma.
Il male e la parte oscura e' che, o almeno cosi' dicono in Banca, mi si e' smagnetizzato il bancomat.
Passera'.

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2.Il mare e la Regione dei Laghi
3.Bariloche e Puerto Madryn
4.Verso sud, dove va a finire il mondo
5.Poco Cile, Torres del Paine, Ghiacciai
6.Santiago e Mendoza e via verso il Nord Ovest
7.Cachi e San Pedro de Atacama