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Messico.6-Acapulco, Playa Ventura, Puerto Escondido



Ho aspettato un po' a mandare questa mail perche' ho viaggiato poco e mi sono fermato.
Quindi piu' che un racconto di viaggio rischia di diventare un diario esistenziale, dall'interesse piuttosto medio.
Ma vabbe'.

Acapulco 18.2

Lascio Cuernavaca, la citta' dell'eterna primavera, perche' dopo il Carnevale non fa che piovere.
Mi dispiace perche' credo ci fosse un museo che ospita la collezione raccolta in tutto il mondo da un milionario americano ma non posso passeggiare una citta' sotto la pioggia.
Cosi' per una strada di cactus diritti sotto nuvole scure, viaggio in bus fino ad Acapulco.
La citta' come sapevo non e' piu' quella dove passavano le vacanze Sinatra e Dean Martin, il profumo del successo e' stato probabilmente portato via dallo smog e dal traffico, la baia rimane splendida vista dall'alto, ma a parte la zona hotelera, Acapulco sembra una citta' in rovina.
Questo  me la fa piacere piu' del previsto, perche' la trovo comunque molto messicana, e tutto sommato economica, almeno nella parte vecchia dove dormo.
Ma la citta' non ha quasi importanza perche' sono venuto ad Acapulco per vedere
una cosa soltanto: los clavadistas.
I tuffatori della Quebrada, ancora oggi direi attrazione principale di Acapulco.
La Quebrada e' un mini canyon che l'oceano ha scavato nella scogliera della citta' vecchia, sovrastato da una rupe da dove da secoli giovani messicani si tuffano da 35 metri.
La prima volta che ci vado e' perche' c'e' uno show speciale fuori orario per I passeggeri di una nave da crociera appena arrivata.
(per la cronaca, e' ad Acapulco che hanno girato Love Boat)
Vedo per la prima volta I tuffatori e mi stupisce vedere che tutti ovviamente sono giovani ma alcuni sono davvero dei ragazzini.
Comincia a piovere, faccio giusto in tempo a chiedermi come salgano al punto da cui si tuffano, dove ci sono nicchie che contengono Madonne a cui chiedono benevolenza prima di tuffarsi.
Me ne vado e torno per lo spettacolo della sera, accomodandomi a un tavolino del Ristorante La Perla, che per il suo terrazzo sulla Quebrada si permette prezzi da Londra.
La Quebrada la notte e' illuminata da luci colorate, e vedo per la prima volta come I tuffatori raggiungono la cima.
Si buttano in mare dalla parete degli spettatori e poi semplicemente scalano in free climbing la parete opposta.
Lo fanno in 3 o 4 minuti, e a me sembra qualcosa di misterioso, perche' per chiunque altro la roccia della Quebrada da cui si tuffano e' una parete orizzontale alta come un palazzo che nemmeno per dieci milioni di dollari ti verrebbe in mente di scalare.
Quando sono saliti tutti, I tuffatori saranno 7 o 8, I primi cominciano a mettersi in posizione.
Non tutti, anzi solo due, si tuffano dai 35 metri dello spuntone di roccia piu' alto, altri, immagino piu' giovani o meno esperti da un po' piu' in basso, diciamo una trentina di metri.
Il tuffo piu' alto che ho fatto non ricordo dove fosse ma era da un'altezza certamente inferiore ai 10 metri.
Riesco lo stesso ad immaginare come sia tuffarsi da 30 metri in una striscia d'acqua che da quell'altezza deve sembrarti un filo azzuro, o come in questo caso durante lo spettacolo in notturna, un serpente nero di cui senti solo il rumore dei sonagli quando si infrangono sulla scogliera.
Gli ultimi due tuffatori si tuffano tenendo in mano delle torce accese.
Credevo fosse una cosa turistica ma quando si tuffano le luci della Quebrada sono tutte spente.
I turisti vedono solo le torce, los clavadistas immagino che non vedano nulla a parte le loro facce.
Sotto di loro c'e' il buio totale.E in quel buio sanno che c'e' una crepa sottile nella terra di tutti, quella che calpestano le persone comuni, e che dopo aver attraversato l'aria, l'acqua li accogliera' ancora una volta.
Ritorno alla Quebrada il giorno dopo in una giornata caldissima per vedere lo show con la luce.
Oggi I tuffatori sono una decina, c'e' qualcuno anche un po' sovrappeso e quello che credo sia un maestro che da' consigli a due ragazzini che avranno si e no 16 anni.
Salgono ancora con stupefacente rapidita' la parete di roccia e cominciano a tuffarsi.
Si tuffano in capriola, e tre per volta sincronizzando I movimenti.
E l'ultimo, anche lui giovanissimo e fatto quasi solo di nervi, sale a 35 metri per l'ultimo tuffo.
Bacio alla Madonna, Segno della Croce e via, nel vuoto, libero nello spazio per un tempo che e' breve soltanto per la velocita' della caduta, non certo per l'altezza che continua a sembrarmi incredibile.
E poi l'acqua, e l'onda,  e uscire a respirare tra gli applausi del pubblico con una faccia che sembra dire: fallo tu, se ci riesci.
I tuffatori della Quebrada di Acapulco:
uomini veri, non ci sono cazzi.


Ad Acapulco vado poco in spiaggia, perche' sono troppo affollate di venditori, di gente, e come stavolta dice giustamente la Guida, di moto d'acqua.
Ce n'e' una anche nelle due calette affollate di famiglie messicane, che fa lo slalom tra le barche dei pescatori.
Ora, io come sapete non ho nulla contro le moto d'acqua, la democrazia innanzitutto, ognuno e' libero di fare quello che vuole.
Vorrei solo che fossero elettriche.E magari che appena le appoggi in acqua ti ricordi per l'ultimo attimo della tua vita perche' ti hanno sempre detto di tenere l'asciugacapelli lontano dalla vasca.
E vabbe', vado a vedere il forte di Acapulco, costruito a suo tempo sul lungomare per difendere la baia dai pirati.
Il Forte e' molto bello, con la sua pianta a stella esagonale (o quello che per me e' una stella esagonale), e all'interno ospita un piccolo museo.
Da qui partivano le navi per le Filippine.
La rotta Acapulco-Manila-Acapulco era fondamentale per I commerci della Spagna, che coinvolgevano cosi' non solo il Nuovo Mondo ma anche l'Oriente.
Per anni galeoni mercantili farciti di cannoni sono partiti da qui verso Manila, alcuni affondati, alcuni assaliti dai pirati, altri arrivati a destinazione e tornati indietro dopo mesi, o anni.
Nel Museo c'e anche una rappresentazione della famosa linea divisoria che traccio' il Papa per mettere fine alle dispute tra spagnoli e portoghesi, sorte dopo il ritorno di Colombo, su chi avesse diritto ai nuovi mondi inesplorati.
Avendo letto infantilmente libri sui pirati e  sui grandi navigatori, conoscevo gia' la storia, ma ogni volta comunque mi colpisce per come qualcuno (per quanto Papa) abbia potuto con una riga decidere in una sola volta le sorti di cosi' tante persone, di cosi' tanti popoli, lingue, culture.
La prima linea, tracciata da papa Alessandro VI, spagnolo, con la bolla Inter Caetera , e poi leggermente cambiata dal Trattato di Tordesillas, divideva il mondo visto su una mappa come noi la conosciamo, lungo il meridiano nord-sud, 370 Leghe (1.770 km) ad ovest delle Isole di Capo Verde (piu' o meno).
A sinistra I territori che la Spagna avrebbe potuto conquistare e di cui avrebbe potuto sfruttare le ricchezze, a destra la parte che spettava ai portoghesi.
Agli Spagnoli ando' meglio, visto che gli tocco' tutta l'America Latina, tra cui le ricchezze del Peru' e del Messico.
Ai portoghesi tocco' l' Africa ostile e inconquistabile, ricca di schiavi ma incomprensibile, e in seguito il Brasile, su cui vantavano un diritto di precedenza, in quanto scoperto dal portoghese Cabral nel 1500.
E' anche a causa di quella linea e di quel trattato che il Brasile e' l'unico stato del Sudamerica in cui si parla portoghese e non spagnolo.
Una riga.
Prendo una mappa del mondo e la divido in due.
Una parte alla Spagna e l'altra al Portogallo, le due superpotenze cattoliche dei tempi della Conquista.
E' sempre per questa riga che le altre potenze navali emergenti d'Europa, come l'Inghilterra, la Francia e l'Olanda, furono quasi costrette a dedicarsi alla pirateria.
Bah.
Incredibile eh?
Eppure non sono sicuro che I Papi, I Presidenti e chissa' chi, abbiano smesso di dividere il mondo e consegnarlo a qualcuno, tracciando delle righe con una matita su una mappa.

Ad Acapulco pero' vedo due dei tramonti piu' belli del Messico.
Il sole, come sulla copertina di un romanzo di Liala, accende il cielo.
E lo tiene incendiato a lungo, mentre le nuvole diventano lingue orizzontali del colore del fuoco.
E allora solo per pochi minuti, mentre da qualche parte suona una musica jazz che e' perfetta, mi sembra che quella strana luce rossa che sta avvolgendo completamente la citta' sia un ricordo confuso di anni d'oro, di attori in vacanza, di set cinematografici e di margaritas al tramonto sulle terrazze dei grandi alberghi, guardando il sole che scompare dalla Baia e poi affonda lentamente dietro l'orizzonte della Quebrada.


Playa Ventura 20.2

Vado a Playa Ventura, 4 ore di bus a sud di Acapulco, incuriosito da quello che ho letto in rete e dal quarto di pagina che gli dedica la Lonely Planet.
Riesco per un pelo a farmi lasciare all'incrocio sulla statale da dove faccio i 7 km che mi dividono dalla spiaggia in piedi nel retro di un pickup.
La strada e' costeggiata di prati, su cui spiccano enormi massi bianchi, e passeggiata da mucche e cavalli, e tutto attorno sembra esserci la giungla del Messico, che si apre per lasciare posto alla costa.
Prendo una birra e poi una stanza al Dona Celsa, solo perche' e' il primo albergo aperto che vedo quando scendo dal cassone del pickup.
Poi la tengo per pigrizia, perche' il posto e' assurdo e il ristorante chiude alle 19.
Oltretutto la famiglia che gestisce il posto e' la piu' stramba che ho mai visto in vita mia.
In dieci giorni che sono stato direi l'unico ospite, credo non mi abbiano mai nemmeno salutato.
Poi scopriro' che anche I giovani del posto li considerano un po' strani, e  cosi' diversi dagli altri abitanti, che sono invece un esempio di ospitalita', cordialita' e curiosita'.
I gestori del mio albergo mi ricordano un po' la famiglia di "Le Colline Hanno Gli Occhi", come se esperimenti nucleari e troppi figli tra consanguinei li avessero resi tutti quanti dei mostri.
Ma non ha molta importanza, a Playa Ventura in stanza non ci sto davvero quasi mai, anche perche' mi basta fare due passi e sono nella spiaggia deserta, lunghissima e deserta.

Anche nel microscopico paese dalle strade di sabbia non c'e' quasi mai nessuno, nemmeno nei negozi aperti.
Se devo comprare qualcosa non vado all'alimentari piu' vicino, o al piu' economico, li faccio tutti e scelgo il primo in cui miracolosamente c'e' qualcuno dietro il bancone.
Stessa cosa per il minibar che vende solo alcolici ed e' la cosa piu' illuminata dell'intero paese.
La prima sera che ci vado aspetto un quarto d'ora il barista, seduto su uno sgabello di legno.
Poi faccio un giro per il paese, e quando torno c'e' un ragazzino, che era andato chissa' dove.
Sta guardando HellBoy su un dvd portatile e io per quella sera sono il suo unico cliente.
Scopriro' poi che e' un dipendente, ed e' obbligato a tenere aperto tutti I giorni fino alle 10 di sera come minimo.
Perche' quel baretto, con I tre ristoranti attorno, di cui uno chiuso, in questo slargo di sabbia, e' il bar della Piazza.
Non ci penso finche' non me lo dicono.
Ma quella e' la Piazza di Playa Ventura.

Il giorno dopo torno al baretto prima di cena (uno dei ristoranti sulla Piazza tiene aperto fino alle 11) e ordino una Paloma, un cocktail di tequila e succo di pompelmo.Scambio qualche parola con gli amici del barista, uno e' medico e lavora sulle montagne e sta imparando un dialetto locale perche' la' pochissimi parlano spagnolo.
Poco piu' tardi arriva una macchina della Polizia Federale, da cui scendono I due poliziotti e ordinano 2 birre.Il capo e' il capitano Francisco, che dopo un po' attacca discorso chiedendomi da dove vengo e se mi piace il posto.
Non so come ma ho la certezza che sappia gia' tutte le risposte.
La Policia Federal usa delle magnifiche Dodge Charger come automobili, che decorate cosi' poliziescamente farebbero un'ottima figura in un videogioco.
Poi il capitano chiede al ragazzo barista di spegnere la musica, e alza il volume dell'autoradio.
"Dioses de la guitarra", dice, "e' un cd pirata.Senti qua pero'."
Ed eccomi qua penso, a bere una Paloma in una piazza di sabbia grande come la meta' di un campo da tennis, ascoltando Clapton che esce dalla macchina della Polizia.
E Hotel California, e Santana.
"Sei stato al concerto di Santana?", chiede il medico al Capitano.
"Ci sono stato ma mi hanno offerto una canna e dopo non ho sentito piu' niente."
Il barista, col bar sorprendentemente affollato, chiede ai poliziotti se possono stare al bar mentre lui va a fare una doccia.
E allora ordino una Coronita, perche' non posso perdere l'occasione di farmi servire una birra da un capitano della Polizia Federale.
Il bar e' una piccola capanna di bambu' e legno, con due pareti aperte e altre due piene di scaffali piene di bottiglie di ogni genere di alcolici.Ci sono luci colorate e intermittenti un po' dappertutto, e in un angolo una rappresentazione religiosa.
Il Capitano Francisco sembra enorme li' dentro, alto e sovrappeso com'e', e circondato da quelle luci e dai riflessi colorati delle bottiglie sembra un'istantanea presa da un set di David Linch.
E poi arriva Rafael.
Ci conosciamo subito, sia perche' non c'e' nessuno sia probabilmente perche' a volte le persone simili sono destinate ad incontrarsi.
E' di Cuernavaca, commercia con successo in portafiori di ceramica (in Messico ce n'e' un mercato enorme) e viene a campeggiare a Playa Ventura dagli anni '70.
Ha 50 anni, un figlio diciottenne e alle spalle un matrimonio con un'americana che l'ha portato per anni a vivere in California.
A parte il campeggiare, non c'e' quasi nient'altro su cui non ci troveremo d'accordo.
Ha portato qui, nel suo geniale furgone costruito negli USA che per quanto usato sembra il salotto di una barca, il suo amico Jordy, musicista, per fargli fare qualche soldo e chiedergli di insegnargli a suonare la chitarra.
Jordy e' venuto con la sua nuova e giovanissima ragazza, Melanie.
Li chiama a suonare al baretto, con tutta l'attrezzatura, amplificatori, tastiera, microfoni, per uno spettacolo inusitato nella minuscola piazza di sabbia di Playa Ventura.
Jordy e' piuttosto bravo, suona chitarra e tastiere e ha una voce discreta, la sua ragazza e' brava ma ha una voce  sottilissima.
Come dice pero' Rafael, "e' guapissima".
In effetti lo e' anche sei nei giorni successivi mi sembrera' a volte un po' priva di vita.
Come un cyborg fatto ad immagine e somiglianza di una bellissima ragazza messicana.
Ma probabilmente e' solo timida e ventenne.
Faccio quattro metri attraversando la piazza e mi siedo al ristorante di Luis, della famiglia Perez, a cui appartengono tutti gli edifici della piazza e probabilmente mezzo paese.
Non perche' siano multiproprietari, per il fatto che a Playa Ventura sono ovviamente quasi tutti parenti e si chiamano Perez.
Rafael viene a sedersi per bere un caffe', che forse perche' astemio, beve in continuazione.
Guardo verso il baretto e vedo che qualcuno sta cominciando a ballare.
"La cosa che piu' mi sorprende", dico a Rafael "sono I polizio..."
"Solo in Messico." mi interrompe. "Questo puo' capitare solo in Messico".
Ora ci saranno 10 persone a sentire Jordy e Melanie che cantano, un poliziotto balla con una birra in mano, il Capitano Francisco si e' tolto la camicia e il cinturone d'ordinanza e ora indossa una maglietta senza maniche che mette in mostra le braccia tatuate e ha infilato la pistola nei pantaloni dietro la schiena.
La maglietta ha cucito sul petto lo stemma della Polizia Federale e dietro ha la scritta: "4th amendment my", con sotto il disegno di un asino che mostra un enorme culo.
Il 4 emendamento della costituzione americana e' quello che regola tra gli altri I diritti degli arrestati, credo.
Solo in Messico.

"E l'altra chi e'?", chiedo a Rafael quando mi accorgo che c'e' una ragazza, una donna anzi, piuttosto bassa e piuttosto grassa che sembra conoscere Jordy.

"La zia." mi dice, e assume un'espressione desolata.

"Ah."

"Canta molto bene anche lei, meglio di Melanie anche.E' anche simpatica." dice "Ma non basta.Mi fanno male gli occhi a guardarla."
E cosi' scopro che Rafael odia la zia di Melanie, che non si aspettava venisse, cosa che ancora stenta a credere.
"E' che prima li ho portati ad Acapulco, nell'appartamento di mio padre.E chi non vuole venire gratis ad Acapulco?"
La odia perche' e' salita sul suo furgone senza lavarsi per tre giorni e sopratutto, crudelmente, perche' e' un baule.
"Non riesci a credere che lei e Melanie possano davvero condividere qualche gene." aggiunge mentre sorseggia il caffe'.

Poi finiamo la serata in spiaggia, davanti al ristorante di Juan (della famiglia Perez, ovviamente) dove Rafael ha parcheggiato il suo furgone e Jordy montato una piccola tenda.
Juan e' un folletto scuro, con  un sorriso da cartone animato e capelli sparati in aria che sbavano per diventare dreadlocks.
Ha 40 anni e ne dimostra 20.
Non e' solo sveglio, come temo di giudicare con snobismo chi e' intelligente ma non ha cultura, e' anche intelligentissimo.
Ci arriva prima, si potrebbe dire.
Per questo riesce ad anticipare le battute, a moltiplicarle, a dire qualcosa di sorprendente quando ogni discorso sembrava finito.
Il contrappasso e' pero' che a volte ti guarda e per un momento e' come se non ti ascoltasse.
Come se non ti vedesse nemmeno.
Poi vedi che accelera l'informazione e torna presente.
Come se del tempo che ci e' dato per trasformare una voce in un segnale preciso a cui rispondere a tono, ne usasse soltanto meta', pero' accelerandolo.
In definitiva e' come se una specie di strana follia lo stesse divorando, minuto dopo minuto.

Sento che Rafael rovista da qualche parte
"Cos'hai li'? Mota? Grande."

"Eh si', un po' d'erba.Bene, credevo ti offendessi.
Ti molesta se faccio un churro?" mi chiede

"Piu' o meno come vincere alla lotteria."

Dopo un po' arriva un ragazzo, che controlla che non si siano schiuse le uova di tartaruga che ha trovato sugli scogli e sepolto nella sabbia davanti al ristorante.
Playa Ventura e' una spiaggia dove nidificano le tartarughe, per questo, anche se non li ho mai visti, e' pattugliata di notte dai soldati e quasi a meta' c'e' un Centro dove ogni notte liberano I cuccioli di tartaruga e li accompagnano in mare in sicurezza.
Il ragazzo sta aspettando una ragazza, che gli ha detto sarebbe uscita dopo mezzanotte ma anche lui e' ormai convinto che non verra'.

A Playa Ventura non c'e' molto da fare tranne star bene, e passo una mattina disegnando all'unico tavolino di un bar (della famiglia Perez) dove fanno l'espresso, circondato da bambine che a turno giocano col mio portacenere portatile, e a turno appoggiano sul mio disegno un cucciolo di cane per farmi e farsi foto col mio telefonino.
"Lasciate stare il signore, non vedete che sta lavorando?", dice la ragazza che sembra essere la madre di almeno un paio di bambine.
"Non c'e' problema", le dico.
La parola lavorare mi sembra troppo eccessiva e forse e' per questo che  pagando il prezzo per essere l'unico turista straniero, mi lascio circondare.


Una sera, dopocena, sto nel furgone di Rafael a fumare un churro e mi dice che vuole fare un fuoco in spiaggia.
"Fai una buca nella sabbia?" chiedo

"Non l'ho mai fatta.Si fa?" risponde stupito.

"Mah, per proteggere il fuoco dal vento credo.Ma io non sono un campeggiatore."

"Non l'ho mai fatto.Ma ho gia' preparato della legna, e ho un segreto."

Mentre fumiamo gli dico che se fosse un cavaliere lascerebbe che la zia dormisse nel furgone.

"Quello che non capisco", dice allora Rafael alzando la voce "e' come  una persona possa essere cosi' brutta,  cosi' grassa...e  anche cosi' bassa!"

"Dici che e' uno gnomo?"

"Uno gnomo gigante, esatto."

Quando scendiamo dal furgone in cui avevamo tenuto I finestrini spalancati, la zia sta dormendo su un'amaca a tre metri da noi.
Rafael dice che non puo' aver sentito nulla, ed e' talmente improbabile che devo crederci per forza.
Mi dice di seguirlo dietro il ristorante, dove raccoglie ancora un po' di legna e mi da' delle noci di cocco secche, che serviranno per accendere la fiamma.

"Attento agli alacranes, sai cosa sono?" mi chiede

"No."

"Scorpioni, stanno a volte nel cocco, ma questi li ho gia' controllati."
Ora si' che sono tranquillo.

Il segreto di Rafael per accendere fuochi e' una bottiglia di petrolio che da buon campeggiatore porta sempre con se'.
Anche cosi' pero' non e' facile, perche' di notte il vento si alza sulla spiaggia.

"Forse avremmo dovuto prima accendere il fuoco e poi fumare.", dico
quando vedo che le prime fiamme si spengono subito

"Ho un altro segreto, aspetta."

Va  al furgone e torna portando  con se' una fiamma ossidrica portatile, e con quella effettivamente il fuoco prende che e' una meraviglia.
Perche' Rafael, e quando glielo dico mi dice che non sono il primo a dirglielo, e'  anche un po' McGyver.
Molto piu' freak, ma sempre McGyver.
Sa di falegnameria, mentre stara' qui aggiustera' un bagno e una doccia di Juan, e ha quel dono della manualita' di cui e' una vita che sono privo.

"Come ho fatto a non pensarci mai?" si chiede mentre circonda il fuoco di mura di sabbia, colpito e ancora stupito dall'idea della buca.
Poi il fuoco si accende e nel silenzio di Playa Ventura (che e' certamente uno dei posti piu' silenziosi del Messico) per un po' l'unico rumore e' il sussurro dell'oceano e il velcro che ci libera dei sandali quando appoggiamo I piedi nella sabbia.

Aspettiamo le tartarughe, come al solito, sperando di vedere un'enorme testuggine che lentamente esce dal mare per venire a depositare le uova sulla spiaggia.
Rafael mi dice un modo di dire americano geniale, riferito all'erezione maschile:
"The angle of the dongle equals the heat of  the meat"
non l'avevo mai sentito, e mentre rido arriva il ragazzo delle uova a controllarle, e come al solito ad aspettare una ragazza.
Mi chiedo se sia peggio che una ragazza ti dia buca per due sere consecutive o
due ragazze per due sere diverse, ma poi scopro che e' ovviamente la stessa.
Dopo un po' se ne va e non torna, segno che stanotte la ragazza sara' riuscita a scappare di casa da qualche finestra.

Rafael e' molto colpito dal fatto che proprio davanti al ristorante di Juan, che e' all'inizio della spiaggia, dove ci sono gli scogli, tutti I giorni arrivano enormi branchi di pesci, annunciati dai gabbiani che si avventano su di loro.
Juan dice che pescandoli si possono fare anche 1500 dollari per volta.
Il problema e' che non ci si puo' andare in barca perche' il motore spaventa I pesci, e l'unica e' pescarli con la rete a lancio che usano tutti I pescatori.
Rafael ha provato a lanciarla ma si e' stancato subito, e in effetti quando l'ho presa in mano l' ho trovata molto piu' pesante di quanto pensassi, visto che e' piena di piombi che devono tenere eventuali pesci intrappolati sott'acqua.
Allora ci mettiamo a pensare ai modi piu' efficaci e meno faticosi di pescare tutti quei pesci.
Qualcosa di silenzioso, totale e comodo al tempo stesso.
Le idee migliori sono una gru che lascia cadere una rete, o una rete gettata in mare da un aliante.
Allora capisco che non faro' mai fortuna come pescatore.



Puerto Escondido 24.2

A Puerto Escondido arrivo verso sera e prendo un taxi per farmi portare a Playa Zicatela.
La volta scorsa che ero stato in Messico, Puerto Escondido l'avevo saltata, perche' la credevo straturistica, un po' una moderna Acapulco in miniatura.
In realta' e' tutt'altro, e c'e' qualcosa che mi colpisce fin dall'arrivo, e come scopriro' piu' tardi e' la luce del tramonto.
A parte quando durante la Semana Santa (che in Messico dura in realta' due settimane come la chiusura delle scuole) si trasforma in un posto diverso in cui sei continuamente circondato e non c'e' nessuno, mai, sobrio, Puerto Escondido resta un posto tranquillo e rilassato, e con un'atmosfera che capisci subito ti sta facendo bene.
Alla fine ci staro' un mese e mezzo.


La prima sera che passeggio per la strada davanti alla spiaggia vengo colpito da un cartello che dice "pasta fatta in casa", e dopo mesi di viaggio entro quindi alla trattoria Vasco Escondido, dove conosco Vasco, di Reggio Emilia e Luca, di Roma, ma da anni praticamente messicano.
Vasco mi dice che giusto ieri hanno trovato quasi davanti al ristorante la testa di un taxista dentro a un frigo portatile.
Aveva cercato di spacciare in proprio, e la cosa non si puo' fare.
Tra realta' e leggenda, sembra che qui tutto il commercio della droga (l'erba costa poco ma la qualita' e' bassa e c'e' solo quella) sia in mano agli Zetas, ex militari o poliziotti del presidente scorso, ora trasformatisi in cartello di narcos.
Proprio in questi giorni stanno asfaltando e illuminando alcune strade di Zicatela e hanno costruito un posto di polizia all'inizio della spiaggia.
E' un'assurda capanna di legno in cui I poliziotti stendono ad asciugare le loro divise, difesa all'esterno da sacchetti di sabbia e da due pareti di cemento angolari con una feritoia, come due piccoli bunker.
Perche' in Messico la polizia sembra sempre (o forse lo e') in guerra.
Quando passano sui pickup c'e' sempre un soldato che sta in piedi nel retro col mitragliatore appoggiato al rollbar.
Alcuni hanno la faccia nascosta dai passamontagna, come I nostri corpi speciali
"a Citta' del Messico li vedi che si tirano su il passamontagna quando mangiano per strada, e' una pagliacciata", mi hanno detto a Guadalajara.

Comunque sia, e' per il tramonto di Zicatela che Puerto Escondido mi cattura.
Non sono un cacciatore di tramonti, di solito all'ora del tramonto sto bevendo una birra in un bar o sono in una stanza a prepararmi per andare a berla.
I tramonti ad Acapulco li ho visti dalla finestra, infatti.
A volte vado in spiaggia l'ultimo giorno che sto in un posto per fotografare il tramonto e poi magari e' nuvolo e non si vede niente.
Il tramonto di Zicatela non e' spettacolare, il cielo non si infiamma, ne' si riempie di strisce di ogni colore, e' anzi forse il primo tramonto monocromo che vedo in vita mia.
Il sole rimane una palla rossa e sull'orizzonte c'e' una larga striscia di un unico colore, che sembra calare sulla spiaggia come una coperta di luce.
Il mare diventa color ardesia, come un biliardo a cui il tramonto abbia tolto il panno, e quando il sole scompare dietro la linea delle onde, rimane luce  ancora per mezz'ora.
In realta' l'unico colore del tramonto a Zicatela e' il colore della luce, non ce ne sono altri.
E, pur senza sconfinare nella New-Age, e' energia pura.
("A Puerto le unghie e I capellli ti crescono piu' in fretta, e I bambini crescono a velocita' doppia", si dice).

Ora ho affittato un appartamento, mi fermo qui un mese.
Potremmo dire che non c'e' viaggio senza soste.
Potremmo dire che tutto quello che non mi merito lo sto prendendo ora.
Potremmo dire che quando viaggio a volte mi sveglio al mattino e nel mondo c'e' qualcosa che prima non c'era.
Potremmo dire  che mi fermo qui a diventare Tao che gira.


Ma anche ora che sto in collina, e' per la luce del tramonto di Zicatela che continuo a scendere da Lazaro, il quartiere dove vivo, cosi' spesso e a sedermi sulla spiaggia stonato a guardare il sole che scompare e che invece di precedere il buio sembra lasciare soltanto luce dietro di se'.

L'appartamento e' ottimo, un monolocale arredato in stile messicano e piuttosto nuovo.
E' pero' tragicamente circondato di galli, cani e bambini, e la famiglia che vive nella casa accanto andrebbe fatta a pezzi e gettata in mare, galli, cani e figli compresi.
Ma costa 1700 pesos al mese, che nonostante l'euro da qualche mese sia in caduta libera, sono comunque poco meno di 100 euro.

Nell'appartamento accanto al mio ci sono due ragazzi del DeFe che vivono qui, Lalo e la sua ragazza, sopra due ragazze romagnole che se ne andranno dopo due giorni e Enzo, in pensione e anche lui stabile a Puerto Escondido.
E Canela, una cagna randagia che Lalo ha adottato e ha chiamato cosi' perche' in effetti dal pelo agli occhi al naso e'  color cannella.
Quando conosco Lalo sto bevendo un tequila in veranda e lui sta posizionando di traverso un tavolo per evitare che Canela, che e' in calore, scappi da un buco nella rete sul retro e torni magari incinta.
Appena Lalo rientra in casa, Canela la prima cosa che fa e' naturalmente saltare il tavolo e uscire in cerca di cani.
E allora mi ricordo quello che mi aveva detto Vasco: "Dei tuoi vicini non ti devi preoccupare: sono al di la' della psichedelia."

3 marzo 2010.
Quando accendo la camera per fotografare il tramonto di Zicatela, una striscia dorata di luce morbida sull'orizzonte dove gli ultimi surfisti della giornata cercano le onde e I pellicani diventano ombre cinesi su un palcoscenico d'aria, scopro che oggi fanno 100 giorni di viaggio.
E' il mio massimo, credo.
100 giorni esatti.
Per me che trovo ancora nel viaggiare un senso buono, una buena onda, sono stati giorni lunghi, a volte faticosi, a volte illuminati dal karma di tutti, altre volte bui come le stanze in cui ho dormito, alcune cantinas in cui ho bevuto, le spiagge senza luna.
E mi fermo a pensare anche al fatto che sono stati 100 giorni in cui il mio massimo impegno per il giorno dopo era ritirare due camicie da una lavanderia, andare a visitare un Museo, o prendere un autobus.
Per quanto ogni volta che voglio partire in dieci minuti chiudo la valigia e  mi precipito senza nemmeno bere un caffe' a un terminal di autobus, tutta quest'efficienza ha alla base il fatto che non ha nessuna importanza prendere il bus successivo, o addirittura perderlo e spostare di un giorno la partenza.
Cento giorni senza responsabilita' insomma, se non la prima, la primaria, sepolta  da qualche parte in profondita' nella doppia elica: avere piu' o meno, cura di me stesso.
Le sfuggo da una vita ma le responsabilita' le ho avute: me le sono messe sulle spalle e non le ho trovate difficili, solo pesanti.
Ad alcuni piacciono, altri non possono farrne  a meno.
Per sentirsi vivi, dicono.
Gliele lascio.
Gli lascio anche quella vita fatta di battaglie e di cadaveri dei nemici che prima o poi dovresti vedere passare seduto sulla riva del fiume.


In 3 mesi di viaggio da solo mi sono fatto le domande piu' improbabili, da cosa fare nella vita a cosa e' la morte fino a chiedermi se e perche' I pesci non fanno rumore.
Ma non mi sono mai preso sul serio.
E probabilmente e' per questo che non mi sono mai annoiato.
Ho letto prima di partire  un libro scritto piuttosto male sui misteri del mondo.
Niente di metafisico, solo un'antologia delle cose misteriose,  come la vera identita' di Shakespeare, chi c'era dietro la maschera di ferro, il voodoo, l'esistenza di Robin Hood, la spada di Giovanna d'Arco.
Nella presentazione, ricordando l'esperienza di un lungo viaggio in treno, l'autore si chiede come le persone possano annoiarsi con le capacita' di cui l'evoluzione ci ha dotato.
Basta guardare fuori dal finestrino e mettersi semplicemente a chiedersi tutto quello che non sappiamo.
Oltretutto viviamo in un tempo in cui la prima connessione internet che troviamo dara' la risposta a lla maggior parte delle nostre domande.
Tutto questo e' tempo libero, perche' la curiosita' spesso ci e' concessa solo nel tempo libero.
E alla fine sono tre mesi che non mi prendo sul serio e mi chiedo  qualunque cosa mi venga in mente.
Perche' le mosche stanno attaccate ai vetri, se  I tramonti sono tutti diversi l'uno dall'altro come a scuola ci dicono essere I fiocchi di neve, se i poveri esistono ancora perche' non possiamo fare a meno di nemici, o come diamine e' possibile che  le navi galleggino.
E cosi' via.
Ad alcune domande non cerco nemmeno risposta, ho solo tenuto in esercizio il cervello, credo.
Mi sembra che a parte il pirata e l'austronauta dei giorni d'infanzia la mia risposta alla domanda "cosa vuoi fare da grande?", sia sempre stata:
tempo libero, mi basta giusto una buona quantita' di tempo libero, per ora non credo mi serva altro, grazie.


Qui a Puerto vedo anche parecchi italiani, e molti anche se non tutti, mi sembra invece che si prendano dannatamente sul serio.
Alcuni li sento parlare seriamente di cose barbaramente futili, come la destinazione del  giro in barca o quale bar scegliere per il dopocena.
E capisco che forse il motivo per cui non mi identificano quasi mai come italiano non sono gli occhi chiari, o il mio spagnolo improvvisato.
E' che molti italiani sembra che non riescano mai a rilassarsi, come se stessero sempre a camminare per le strade del centro il sabato pomeriggio.
Come se avessero, anche qui, sempre bisogno di un pubblico.
Ansiosi di dimostrare sempre qualcosa e infastiditi dal fatto che qui quello che vuoi dimostrare non interessa a nessuno.
Il Messico e' un posto in cui a volte si vede qualcuno che in un bar sorride all'universo.
("il poeta brillo insultava l'universo", diceva Rimbaud, ma non era mai stato in Messico)
Io sono uno di questi, e vi assicuro che non sono il solo.
Perche' sorridiamo come psicopatici?
Le endorfine, l'erba, il Messico.
La scienza, la medicina e la geografia.
E' questo, e non e' poco, che ci porta a sorridere da soli come se nessuno ci stesse guardando.

Playa Zicatela e' favolosa, nei prossimi mesi diventera' meta di surfisti da tutto il mondo, dato che a giugno le onde possono arrivare anche a 10 metri.
Il difetto pero' e' che non ci si fa il bagno.
A me piace ancora il mare un po' da combattere, l'Oceano insomma, ma qui non e' possibile andare oltre l'acqua piu' o meno alle caviglie.
Le correnti sono troppo forti e giustamente il bagnino fischia a chiunque non lo capisca o non se ne accorga.
A Puerto Escondido scopro anche un uso utile (l'unico, immagino) delle moto d'acqua.
Quando le onde sono troppo alte, - quando il mare diventa "bravo", come si dice – e sopratutto con le gigantesche onde d'estate, e' troppo faticoso e troppo pericoloso per un surfista raggiungere il punto di rottura.
Allora al breakpoint ci arriva trainato da una moto d'acqua.
Ne vedo due un pomeriggio che si allenano, e il loro affiatamento e' impressionante.
Quello che guida la moto d'acqua e' costretto a lunghi percorsi per evitare di prenedere le onde di punta eppure riesce quasi sempre ad arrivare al surfista in modo che si riagganci alla moto d'acqua senza dover aspettare troppo o arrivare a riva.
Comunque sia al mare vado a Playa Carizalillo, una piccola spiaggia commovente di acque verdi a cui si arriva dopo 170 gradini e dove il mare e' quasi sempre calmo, e ci si puo' nuotare per cercare di smaltire le birre della sera prima.
Non essendo accessibile in macchina, al contrario delle due spiagge vicine di Puerto Angelito, c'e' sempre pochissima gente, e I 3 o 4 ristoranti che ci sono non hanno quasi mai nulla di quello scritto sul menu.
Come in tutto il Messico c'e' un pescatore che vende ostriche appena prese a un prezzo irrisorio ma a me non sono davvero mai piaciute.
Insomma una spiaggia magnifica.
La seconda volta che ci vado, dopo una mezz'ora arrivano quattro soldati, che per l'allarme tsunami evacuano la spiaggia, che in effetti e' molto piccola e piuttosto stretta.
E' il giorno del terremoto in Cile, e si temono onde anomale che grazie a dio in Messico non arriveranno mai.
Ma Playa Carizalillo restera' tra le spiagge straordinarie dove ho preso il sole, bevuto una birra, nuotato, guardato il mondo e cavalcato il gratis della vita.


MARGARITO

Un mattino presto vado con Margarito, el hombre serpiente, alla laguna Manieltpec.
Margarito passa quasi tutti I giorni da Zicatela per cercare clienti a cui mostra foto della laguna e di lui con dei pitoni in mano ma  alla fine e' abbastanza introvabile.
La sua ricerca di clienti di solito consiste nel  dire ad alta voce la parola "laguna", quando passa qualche turista.
Non ha un cellulare e di solito dorme dentro alla sua barca.
E' sposato, ha due figli che vivono felicemente negli USA, ma non va quasi mai a casa sua a Bajo de Chila, a qualche chilometro da Puerto.
"Mia moglie lo sa", mi dice mentre salgo sulla barca e afferro un remo, "gliel'ho detto.
Le ho detto: con te sono molto felice, pero'..sarei molto piu' felice da solo!"
I suoi figli qualche anno fa gli hanno regalato un motore, e gli telefonavano continuamente per chiedergli come andava, e Margarito rispondeva sempre che il motore era sempre in casa, al sicuro.Non c'era da preoccuparsi.
Cosi' dopo un po' l'ha venduto.

La laguna e' circondata da mangrovie, che creano insenature nascoste lungo tutte le sponde, e Margarito sembra conoscerle tutte, alcuni passaggi li ha segnati con delle sottili strisce colorate, altri semplicemente sembra distinguerli e riconoscerli.
Sembra vedere molte piu' cose di quelle che vedo io.

Le mangrovie sono assolutamente spettacolari.
Dai tronchi piu' alti scendono rami sottili, dritti come un piombo, che prima di toccare l'acqua si diramano ancora in 4 o cinque direzioni, finche' un solo albero puo' allargarsi anche per un diametro di 30 metri di rami intricati, e radici che invece che spuntare dal terreno cadono dal cielo fino all'acqua.
Ci fermiamo dentro a un'insenatura e Margarito comincia a rollare l'erba che coltiva lui stesso nella laguna.
E comincia a raccontarmi un po' della sua vita.
"Per piu' di 10 anni ho fatto il soldato, ero in Marina, pattugliavo le spiagge.
Non mi dispiaceva, pagavano bene e sopratutto mi facevano giocare a calcio.
Poi una sera, non sapro' mai perche', ero completamente ubriaco con degli altri soldati e a un certo punto uno mi ha sparato due volte.
Ho fatto in tempo a buttarmi a terra  e cosi' mi ha colpito a una mano e al ginocchio, e lì ho dato l'addio al calcio.
La cosa piu' assurda e' che hanno messo in prigione anche me per un mese.
Ma vabbe', mi davano da mangiare e da bere e non dovevo fare niente, non e' andata poi cosi' male.
Poi un giorno a Veracruz, che e' anche un porto petrolifero, e' esplosa una nave e sono morti anche dei soldati, e allora mi sono detto che quella non poteva essere la mia vita.
Non volevo saltare in aria indossando una divisa.
Sono tornato qui e ho deciso di vivere nella laguna.Sono vegetariano, non bevo piu' alcol, che mi stava uccidendo, faccio un po' di yoga al mattino e fumo solo erba."
Mi dice di guardare dentro al tronco di un albero per vedere se c'e' un serpente e sebbene un po' titubante lo faccio, ma non c'e' niente, non vedremo pitoni oggi.
"Certo che I miei parenti mi considerano strano ma io alla fine considero strani loro.
Mi invitano alle feste ma non mangio carne e non bevo birra, e loro non fumano erba.
Cosi' tutti dicono "Margarito viene ma non mangia ne' beve niente, che ci viene a fare."
E cosi' alle feste non ci vado piu'.
Torno nella laguna a fumare la mia marijuana."
E intanto fa su un altro joint, e per me che non ho mai fumato una canna intera da quando sono qui il mondo comincia a diventare verde.
"Certo, e' stato quando ho cominciato a prendere I serpenti che I miei hanno pensato che fossi irrecuperabile, ma che ci posso fare.
Io li amo, e I serpenti amano me, e' tutto qui."
E poi cominciamo ad attraversare la laguna, nella sua parte piu' larga, per raggiungere l'altra sponda.
Sotto il sole di mezzogiorno, stonato e totalmente impreparato, remare per quasi mezz'ora mi piega, e quando arriviamo sono stremato, e Margarito, dopo essere entrati  in un'altra piccola insenatura dove dalle mangrovie provengono grida di uccelli che sembrano enormi, per riposarsi rolla.
Adesso sulla laguna c'e' anche una barca a motore, di un canadese che porta anche lui in giro I turisti.
Dopo che il nome di Margarito e' diventato abbastanza conosciuto, il canadese l'ha denunciato come bandito, cosi', giusto per toglierlo di mezzo.
La polizia e' andata a prendere Margarito e gli ha detto che era stato denunciato, e da chi.
In Messico sembra sia abbastanza perche' ti portino in caserma.
Siccome pero' il canadese non e' mai andato a presentarsi per le accuse, alla fine tutto si e' risolto in nulla.
Quello che mi colpisce e' che Margarito non ha avuto nessuna volonta' di vendetta, anzi dice che non ha nemmeno mai detto niente al canadese (padrone tra l'altro del Cafecito, uno dei bar piu' famosi di Zicatela e dove Margarito tutt'ora da' appuntamento ai clienti).
Gli basta fargli capire che lui e' un uomo differente.
"E poi dice che fa turismo ecologico." - dice parlando del canadese - "Allora perche' ha un motore che spaventa gli uccelli?"
Al ritorno, attraversiamo da una parte molto piu' corta, infilandoci poi in uno stretto canale da cui si raggiunge la strada.
Mentre remo ancora in mezzo alla laguna siamo l'unica barca.
Ci siamo solo noi due in mezzzo a tanta acqua, circondati dalle sponde di mangrovie in lontananza.
Non so perche' penso che e' la cosa piu' "indiana" che ho mai fatto in vita mia, attraversare un lago in una specie di canoa (e' una barca in realta'), con un remo in mano, e nessun altro in vista.
Dopo 4 joint e 5 ore sotto il sole sono a pezzi ma quando ci salutiamo gli do' molti piu' soldi di quanto avevamo pattuito, perche' e' stata un'esperienza fantastica.
E quando stampo le foto che mi ha chiesto di fargli da mettere nell'album che gli serve da pubblicita', metto nella busta che lascio al Cafecito pure un disegno che avevo intitolato "ne' dio ne' padrone", perche' oltre che hombre serpiente Margarito e' anche un uomo libero.

bye

5.Guadalajara, Morelia, eserciti di farfalle, Patzcuaro e Tepotztlan << >> 7-Oaxaca, San Jose' del Pacifico, Tapachula